mercoledì 26 gennaio 2011

il giorno della memoria...quello della mia memoria


Era una notte buia e tempestosa…e proprio quella notte non sapevo ancora cosa mi sarebbe successo.

Scherzi a parte: mercoledì 26 gennaio 2005, passo l’intera mattina a preparare, con largo anticipo, le frittelle di carnevale con mia madre…che buone, mi sembra ancora di sentire il profumo… non so perché ma decido di mangiarle dopo pranzo. Il dopo pranzo arriva e alle 14.30 sarebbe venuto Fabio, un mio amico che da poco si era preso l’appalto di portarmi al lavoro. Non godo più, per una mia libera scelta, di una macchina, e il mio nuovo posto di lavoro è lontano da casa mia. Per di più: NEVICA , quindi per noi, per nulla avvezzi a questo tipo di calamità naturale, la situazione stradale è davvero ingestibile. Ne godono solo i carrozzieri.

Facciamo un attimo un passo indietro giusto un passo per spiegarvi la mia già allora precaria situazione lavorativa: ero stata “dispensata” dopo tre lunghi anni, da quello che era stato il mio lavoro in una scuola privata e avevo trovato un lavoro come “assistente personale” di un capo area regionale settore bancario e finanziario. Anche a distanza di tempo, sforzandomi, a tutt’oggi non riesco ancora a capire quale fosse il mio ruolo ma soprattutto che razza di lavoro fosse.

Torniamo a noi. Sono nella mia stanza, sono le 14.30 e tra poco arriva Fabio. Squilla il telefono… ”si sono ZiaManu, si ho mandato io la richiesta di partecipare al corso a Milano”, “ah, quindi IO dopodomani dovrei presentarmi a Monza?, ma mi scusi è impossibile, qui nevica” come se avessi annunciato la fine del mondo, a una milanese poi….

Tempo prima, stanca di aver firmato un contratto a tempo indeterminato col mio precariato, avendo riavvolto la pergamena della laurea conservandola nell’ultimo cassetto della scrivania, avevo pensato di ricominciare da capo, o meglio, di iniziare da un lavoro che non richiedesse la laurea. Infatti avevo mandato la richiesta per prendere parte a un corso professionale, ambito sanitario, che però assicurava un lavoro, e che richiedeva come titolo di studio la licenza media.

Insomma per farla breve io entro venerdì (ricordo che siamo già a mercoledì) dovrei essere a Milano e nel frattempo dovrei: trovare un biglietto aereo, preparare la valigia, prenotare un albergo, e rendermi conto di essere partita e di aver dato una svolta alla mia vita. Ma è davvero ciò che voglio?
Esco dalla mia stanza per dare la funebre notizia ai miei genitori. Perchè funebre?: da una vita speravo di evadere, andare via, vivere da sola ma tutto ciò è facile da dire quando non lo fai, quando non ti si presenta il pretesto per farlo, quando il non pretesto viene usato come un alibi per nascondere il coraggio che non hai, e soprattutto quando non hai altro da fare se non prendere la palla al balzo. Parlo con i miei genitori ai quali tristemente dico: “o parto adesso, o rimango qui per sempre ma, nella seconda ipotesi, nella mia vita non potrò più lamentarmi di nulla”.
Devo comunque andare al lavoro e almeno stavolta sarò io a dire: “non vengo più”…sono queste le soddisfazioni della vita, gli farò risparmiare quei quattro soldi che mi da.
Salgo sulla macchina di Fabio e l’unica cosa che riesco a fare è piangere. Non so come mai ma non riesco a smettere. Arrivo in ufficio e inizio a navigare nel web in cerca di orari ferroviari, alberghi, pensioni, qualcosa che possa ridarmi il lume della ragione. Mi consola solo che un paio di secoli fa Lucia non ebbe problemi a trovare chi la ospitasse a Monza. Arriva il capo, stronzo come pochi anche a detta sua, appena mi vede mi dice come mai fossi al lavoro con la neve. Non mi alzo per picchiarlo solo perché ho altro per la testa, gli è andata pure bene. Gli racconto l’accaduto e stranamente si dimostra gentilissimo augurandomi tanto bene, quindi scappo e vado a piangere dalla mia amica. Ritorno a casa ed è arrivata l’ora del “darmi da fare”. Anche se sono convinta che tutto si risolverà tranquillamente, ora sono in grado di vedere meglio le cose: adesso prenoto un volo per domani, così dopodomani sarò a Milano pronta per la mia nuota vita.
Con qualche filo di speranza in più vado nella vicina agenzia di viaggi. Dopo appena cinque minuti sono già fuori con una risposta che mi ronza nelle orecchie e altre lacrime pronte a venir fuori: “non ci sono voli, a causa della neve c’è l’autostrada bloccata, quindi gli aeroporti sono irraggiungibili”. Torno a casa ad annunciare le ultime news. Ricado nello stesso baratro di prima. Tra tutti i mezzi di trasporto possibili rimane solo il treno ma non posso partire domani, perché la Freccia del Sud, da non confondere con nessuna delle frecce attuali, mi porterebbe a Milano in “sole 24 ore”, e non sto parlando della testata giornalistica del più famoso quotidiano economico ma delle reali ore che impieghiamo noi del profondo sud a raggiungere il nord, noi che, parafrasando De Gregori, viviamo "nell'Africa d'Italia", e partendo domani non farei in tempo per firmare il contratto in tempo utile. Per cui, con un rapido scambio di sguardi tra me e i mie genitori nasce una unica soluzione: partire oggi, adesso.

Nel frattempo si sono fatte le 16.15, il treno parte alle 18.30. in fretta e furia ritorno in agenzia e compro il biglietto ferroviario. Rientro in casa e penso a preparare una valigia, non troppo piena, non troppo pesante, ma come si fa a trasferirsi per tutta la vita con una valigia non troppo piena e non troppo pesante?. Opto per un trolley piccolino e capiente, con le cose essenziali per sopravvivere la prima settimana. Il resto si vedrà.
E in questo tempo che rimane devo anche pensare a come salutare i miei genitori. Lacrime, abbracci, singhiozzi quelli di mia madre mentre i miei sono magoni che devo nascondere, lacrime alle quali non posso permettere che escano perché non devo lasciare loro come mia ultima impressione l’idea di una figlia che piange. Non sono una madre ma credo che a nessun genitore piaccia vedere un figlio piangere.

A distanza di sei anni esatti non posso non ricordare l’ansia, il buco allo stomaco, il buio su ciò che mi aspettava ma che mi costringeva comunque a dover andare avanti, perché indietro non potevo, e forse con tutta me stessa, non volevo andare. Alla fine partii senza nemmeno poter salutare gli amici più intimi, e, preso quel treno, mi resi conto che non sapevo ancora dove avrei dormito la sera successiva. Dalle mie parti si dice che “chi ha amici è fuori dai guai” per cui incontrai i miei due angeli, coloro che battezzai come i miei fratelli, due ventenni che mi fecero ritornare ragazzina. A loro devo molto e mi mancano.

Viaggiai per tutto il 27 gennaio, giorno della memoria. Fuori la neve, io in treno, umore bassissimo, destinazione sconosciuta, futuro incerto e tutto il mio mondo lontano da dove ero adesso, da dove sarei andata e chissà come e quando lo avrei rivisto. Giuro che mi rallegrava solo la consapevolezza dell'assenza dei campi di concentramento. Vista la neve mi vestii con colbacco e montone lungo fino ai piedi. Giunta alla stazione di Milano, dove peraltro non aveva nevicato, mi sentii come Totò al suo arrivo a Milano: mi mancavano le galline in mano e tutto sarebbe stato uguale, anche lo stordimento della grande città, dove non riuscii a distinguere la M della metro dalla M del McDonald. Ma dovevo farcela, avevo chiuso in un piccolo trolley i miei 30 anni e non potevo tornare indietro. Ed eccomi qui.

lunedì 17 gennaio 2011

La voce della Sicilia ovvero Rosa Balistreri

 

<< Ho conosciuto la voce di Rosa all'età di circa 14 anni. Qualcuno mi diede una cassetta con dei brani registrati. In quei giorni avevo l'influenza e non feci che ascoltare questa cassetta. Mi colpì la voce di Rosa per l'essenzialità che il suo canto esprimeva, legato alla vita, in tutta la sua urgenza. Forse per via della febbre, mi restò come una specie di ‘cicatrice interiore’ >>
Etta Scollo

In effetti la voce di Rosa ti giunge alle orecchie e ti rimane dentro perché non è solo una voce che canta una canzone popolare, ma un urlo che racchiude dolore, amore, affanno, paura, gioia. Tra le note della chitarra la sua voce diventa quella della madre che spera che la figlia sposi un uomo ricco, dell’amata che risponde alla serenata del suo giovane, dell’amante disposta a tradire tutto pur di assaporare un bacio rubato, della contadina che mangia un pane nero frutto del sudore della sua fronte di fronte a un padrone che non conosce leggi ma solo guadagno. Rosa è tutto questo.

Tutti li cosi vannu a lu pinninu e a lu peggiu ’un ci si nclina ognunu, a cu duna a cu leva lu distinu e nun ci pari mai lu nostru dunu.

Nun curri paru lu nostru caminu pocu cridi lu saggiu a l’importunu, lu riccu mancu cridi a lu mischinu lu saziu nun cridi a lu dijunu.

Pi troppu ventu lu vasceddu sferra, pi la gran frevi lu malatu sparra, pi assai cunsigli si perdi la guerra, e pi tanti giudizii si sgarra.

Lauda lu mari e teniti a la terra, pensa la cosa prima ca si sparla, pirchì haju ntisu diri a la me terra cu fa li cosi giusti mai li sgarra.

A chiànciri figliuzza chi cci cavi, lu sangu t’arribbelli e po’ murìri, pacenzia ci voli a li burraschi ca nun si mancia meli senza muschi.

Ma cu du’ lepri voli assicutari nè unu e nè l’autru po’ aggarrari, ma cu nun fa lu gruppu a la gugliata perdi lu cuntu cchiù di na vota.

Ci dissi lu jadduzzu a la puddastra: tuttu lu munnu è comu casa nostra, ci dissi la padedda a la gradiglia: haiu pisci grossi mancia e no fragaglia.

Accosta veni ccà mancia carduna ca a lu casteddu mancianu picciuna, rispunni e dici lu ziu Nicola: si la pignata ’un vuddi nun si cala.

Lu picuraru ca fa la ricotta lu sapi iddu l’amici c’aspetta, la furca nun è fatta pi lu riccu, è fatta pi la testa di lu porcu.

Nni la testa d’un maiali tu ci manci tu ci sciali, nni la testa d’un cunigghiu nenti lassu e nenti pigghiu.

Timpirateddu ti vivi lu vinu ca ti teni lu stomacu ntonu, cu ammucciau lu latinu fu gnuranza di parrinu.

’Un c’è festa e nè fistinu si ’un c’è un monacu e un parrinu, ma lu monacu da Badia a Gesù lu patrunia.

C’è la monica di casa a Gesù lu stringi e vasa, nni la casa di Gesù nzoccu trasi ’un nesci chiù.

Ma cu avi na bona vigna avi pani, vinu e ligna, e lu trivuli e lu beni cu cci l’avi si lu teni.

Quannu chiovi di matina pigghia l’aratru e và simina, quannu veni lu giugnettu lu frumentu sutta lu lettu, ma la luna di jnnaru luci comu jornu chiaru.

Signuruzzu chiuviti chiuviti ca l’arburelli su morti di siti, e si acqua ’un nni mannati semu persi e cunsumati
L’acqua di ncelu sazìa la terra funti china di pietàti, li nostri lacrimi posanu nterra e Diu nni fa la carità.
Nesci nesci suli suli pi lu santu Sarvaturi, jetta un pugnu di nuciddi arricrìa li picciriddi
jetta un pugnu di dinari arricrìa li cristiani, jetta un pugnu di fumeri arricrìa li cavaleri.

 

giovedì 13 gennaio 2011

mentre lo scorso anno...


Per la par condicio pubblico anche il fiocco di nascita realizzato prima della nascita di Marghina, quando tutti potevamo solo immagiinare i suoi occhi, le sue manine, il suo sorriso...

Sapevo che le avrei voluto bene ma non immaginavo che l'avrei amata di un amore incondizionato, non pensavo che avrei pianto prendendola in braccio la prima volta...




nella speranza che sarebbe successo, la mia creazione ha gli occhi verdi, come ZiaManu :-D

ebbene si, sono BIzia

È arrivato il momento che io vi dia la buona notizia, o forse tutto questo tempo è servito perché io potessi metabolizzarla: sto per Ridiventare Zia di una bimba…e quindi Marghina tra qualche mese, ormai siamo davvero agli sgoccioli, dovrà arrangiarsi e diventare grande. Non a caso è alle prese con le prime parole, “mamma, papà” giusto per confermare la sua posizione di Sorellamaggiore, di Nonècolpamiasesonoarrivataprimaio, di Peggiopertechetelaseipresacomoda. Io, che nella mia impossibilità evidente di diventare mamma, ho atteso per 34 anni l’evento di diventare zia, in un anno lo sono diventata ben due volte. E come festeggiare questo BIevento? (si potrà dire???)

Decido per la realizzazione di un fiocco di nascita, peraltro cosa già fatta l’anno scorso per il lieto evento di Marghina. Mammina subito boccia l’idea, dicendo che quello di Marghina va benissimo, è come nuovo, in effetti è passato solo un anno… Ma da secondogenita quale sono non posso far succedere questo, voglio dire, Sorelladimarghina non può iniziare dal suo primo giorno di vita ad avere la roba riciclata, quindi decido per il fiocco di nascita da regalare a Mammina e Sorelladimarghina per Natale.

Dopo aver vagliato (e vegliato per le notti insonni) tutti i siti e tutte le riviste di cucito creativo, arrivo finalmente alla mia realizzazione. E se mi era sembrato bellissimo il fiocco di nascita realizzato per Marghina, con questo ho superato me stessa.

Ok basta finisco di parlare e ve lo mostro. Ditemi voi



mercoledì 5 gennaio 2011

La fine di Compare Galletto

Lo sforzo mnemonico fatto da Nonnino ha prodotto gli effetti desiderati. Una filastrocca che mio padre recitava quando ero piccola, ma poi crescendo tutti avevamo dimenticato quanto fosse bella. Marghina sta facendo risvegliare il lato ludico in ognuno di noi, facendo riemergere favole, filastrocche, canzonicine di ogni tipo, portandoci in un mondo fiabesco dove i cattivi sono gli orchi ma vengono sempre vinti da un buono senza armi, che riesce a scampare anche le lingue di fuoco dei draghi...


La fine di compare Galletto

"Mastro Galletto ha passato un bel guaio,
che non si vede tornare al pollaio;

solo le cocche, solo i pulcini,
parlan del fatto vicini vicini.

"Ma perchè tarda dunque il babbino?"
Trema la cocca, trema il pulcino.
Anche il coniglio s'affaccia alla stia,
corre il tacchino con la compagnia.

Ecco, già il sole è venuto sul tetto,
e non ritorna Mastro Galletto.

Oh, poveretti, che si farà
se il Re dei polli non tornerà?

Chi canterà la sveglia al mattino?
Chi ci difende dal gatto vicino?

Chi scaccerà dal nostro becchime
le fastidiose brutte vicine?

Piange il cappone, sospira la cocca,
e tra i pulcini un gran pianto trabocca.

Ma dice il papero: "Andiamo a cercare!"
E... via si mettono a camminare.

Passa il tacchino pensoso e impettito,
passan le cocche senza marito,

ed i pulcini si tengon per mano,
e lgli anatroccoli van piano, piano.

Di dietro a loro s'avanza  il coniglio,
a orecchie tese, con fiero cipiglio;

ecco i piccioni col pappagallo,
la tartaruga col muso giallo.

Ci sono tutti, e ciascuno cammina
giungono sotto alla cucina.

Alla finestra, di già pelato,
c’è Mastro Gallo.... ma in quale stato!

"O mamma mia", grida la cocca,
e urla il papero: "Triste a chi tocca!".

Scappano tutti, polli e pulcini,
piccioni, paperi, oche, tacchini;

corre perfino, da disperata,
la tartaruga tutta sudata.

Son riuniti, ma lì per lì
un gallettino alto così
lancia il suo allegro chicchirichì!"

martedì 4 gennaio 2011

uomini si uomini no



Salgo sul treno e mi siedo lato finestrino, come sempre…preferisco perdermi nei paesaggi, odio dover intrattenere gente che non conosco con discorsi nati per esigenze da treno o, peggio ancora, essere intrattenuta da discorsi di circostanza.
Dopo un po’, delusa dal paesaggio industriale che circonda Firenze, cerco di curiosare e capire chi mi sta intorno. Il vagone non è molto affollato, è mattino e non è ora di punta. Due ragazzi siedono sui sedili di fianco a me, sembrano molto giovani, credo abbiano sui 20 anni ciascuno. Uno è carino ma l’altro no, decisamente non lo è. Ha labbra grosse e sporgenti e, considerata la giovane età, ha una forte calvizie, diciamo che ha la fronte molto alta e lui, alla sua età, ha furbescamente pensato di ovviare con un “riporto”. Dalla parte centrale della testa ha “riportato” i capelli verso la fronte.
Ad un tratto una parola del loro discorso, adesso non saprei ricordare quale, attira la mia attenzione e, con un fare poco educato, cioè osservandoli spudoratamente, inizio la registrazione del loro dire.
Da ciò che dicono capisco che stanno parlando di una terza persona e ne imitano anche la voce, o meglio imitano, come solo gli uomini sanno fare, una voce di donna. Allungo ancora un po’ l'orecchio e sento delle lamentele: Riporto lamenta all’Amico gli atteggiamenti di Voceffeminata da lui ritenuti a volte esagerati.

Mi fermo a pensare e ho la risposta a una domanda che mi faccio da tempo: gli uomini parlano mai delle loro compagne, o delle donne con le quali hanno a che fare, con i loro pari? Si confidano come facciamo noi con le nostre amiche? Mi chiedo anche se piangono quando incontrano qualche stronza che le tratta male ma questo mi sa che nessun uomo me lo rivelerà mai.

Insomma Riporto lamenta che Voceffeminata pretende che la porti spesso ai grandi magazzini di arredamento. Quindi scopro con mia sorpresa che si stia parlando della donna di Riporto. Ma la mia sorpresa non aveva ancora smesso di stupirsi di se stessa quando sento Riporto dire: "- mi chiede se sono più tornato all’Ikea dopo l’ultima volta in cui siamo andati insieme e ho risposto “no, perché ultimamente ho preferito dedicarmi a te”. -

Fermi tutti.

Poco fa ho voluto porre l’accento sul fatto che li osservassi con fare poco educato, ma adesso è giusto spiegare perché preferisco osservare chi parla piuttosto che allungare solo l’orecchio. Perché io preferisco leggere il labiale piuttosto che ascoltare e basta. Proprio per questo adesso non posso dire “avrò sentito male” perché i miei occhi hanno invece visto benissimo le labbra di Riporto muoversi mentre pronunciava quelle parole che, secondo me, qualsiasi donna vorrebbe che un qualsiasi compagno pronunciasse anche come ventriloquo con la voce di Riporto.

A questo punto, quasi scattava l’applauso per Riporto, mi fermo a pensare: “dovrei provare a innamorarmi dei brutti, magari hanno una sensibilità maggiore, magari compensano ciò che manca loro esteticamente con azioni del genere, facendoti sentire al centro dell’universo o, quantomeno, del loro mondo…insomma è già qualcosa”.

La mia mente in quell’istante non pensava affatto agli anni passati a studiare matematica. Io con i brutti ho già dato e la proprietà commutativa non si è mai verificata impossibile per cui ciò dimostra vano ogni sforzo da me fatto nel negare che invertendo l’ordine dei fattori il risultato non cambia.
Ok ho deciso, prima di scendere da questo treno dovrò almeno stringergli la mano. Immagino già uno striscione in camera del mio prossimo compagno di sventura, con la scritta “Riporto Docet”.

La mia mente naviga tra un ricordo di come le cose sono andate e un’illusione di come vorrebbe che le cose andassero, ma non posso perdermi il finale, il tempo stringe e io devo scendere dal treno, quindi mi impegno a seguire ancora il discorso con una certa curiosità di scoprire cos'altro Riporto sia stato capace di fare per la sua donna.

Epilogo: scopro che Riporto e l'Amico parlavano sì di Voceffeminata, compagna o presunta tale di Riporto, ma trattasi di un uomo. Ecco perché tanta sensibilità.

 

ah...dimenticavo


Distratta dalla magia delle luci natalizie e dal dovere di zia, ho dimenticato di farvi partecipi di un regalo fatto alla mia piccola Marghina. Vorreste ancora insinuare che io non abbia autostima? o che non mi voglia bene abbastanza? Ma se sopratutto doveste avete ancora dubbi sui sentimenti che Marghina prova per me, provate a guardare un po’, e vedete con che grazia e con quanta nonchalance indossa questo capo da collezione privata.


lunedì 3 gennaio 2011

anche la panza vuole la sua parte



La pasta chi sardi è un piatto tipico della mia cucina. È un piatto stagionale nel senso che si può preparare da marzo a settembre e cioè in quel periodo dell’anno in cui è possibile raccogliere nei campi il finocchietto selvatico. Infatti dalle mie parti questo piatto si prepara il giorno del venerdì santo.

Esistono 2 varianti principali: quella della zona palermitana cosiddetta "in bianco" senza aggiunta di sugo di pomodoro, e un'altra diffusa nell'agrigentino in cui è previsto il concentrato di pomodoro nella fase di preparazione.

Ingredienti:

per 500 g di bucatini

500 g di sarde fresche,

500 g di finocchietti selvatici,

1 cipolla,

uva passa e pinoli,

olio, sale e pepe.

Lessare i finocchietti in acqua salata, scolarli e tagliuzzarli.

In un tegame mettere a soffriggere le cipolle affettate e unire i finocchietti, le sarde, l’uva passa (rinvenuta in acqua tiepida per un quarto d’ora), i pinoli, sale e pepe. Cuocere a fuoco basso, mescolando, per amalgamare la salsa. Dopo circa mezz’ora unire le acciughe che sono state precedentemente dissalate, lavate, asciugate e infine sciolte in un tegamino con un cucchiaio d’olio caldo. Cuocere ancora per 15 minuti, sempre mescolando e unire quindi una bustina di zafferano, sciolto in un cucchiaio di acqua. Mettere a cuocere la pasta (si può usare, se si vuole, l’acqua precedentemente usata per la cottura dei finocchietti). Scolarla al dente e unirla al condimento. Lasciare riposare per qualche minuto prima di servire.

UN ULTIMO CONSIGLIO: fate soffriggere in un tegame del pangrattato col burro. Usarlo come se metteste il parmigiano sulla pasta già nel piatto.

Tengo a precisare che nella variante agrigentina basta aggiungere la salsa di pomodoro e cuocere tutto insieme.

BUON APPETITO

 

il vento e il sole



Un giorno il vento e il sole cominciarono a litigare.
Il vento sosteneva di essere il più forte e a sua volta il sole diceva di essere la forza più grande della terra.
Alla fine decisero di fare una prova.
Videro un viandante che stava camminando lungo un sentiero e decisero che il più forte di loro sarebbe stato colui che sarebbe riuscito a togliergli i vestiti.
Il vento, così, si mise all'opera: cominciò a soffiare e soffiare ma il risultato fu che il viandante si avvolgeva sempre più nel mantello.
Il vento allora soffiò con più forza e l'uomo chinando la testa si avvolse un sciarpa intorno al collo.
Fu quindi la volta del sole che, cacciando via le nubi, cominciò a splendere tiepidamente.
L'uomo, che era arrivato nelle prossimità di un ponte, cominciò pian piano a togliersi il mantello.
Il sole molto soddisfatto intensificò il calore dei suoi raggi fino a farli diventare incandescenti.
L'uomo rosso per il gran caldo guardò le acque del fiume e senza esitare si tuffò.
Il sole alto nel cielo rideva e rideva.
Il vento deluso e vinto si nascose in un luogo lontano.
Il che insegna che la persuasione è più efficace della violenza.

Il vento e il sole, Esopo

domenica 2 gennaio 2011

parole in lacrime




Ok, primi giorni dell’anno, mille aspettative, bilanci da far quadrare, e passato…indimenticabile. Si, il passato ritorna come un rigurgito, contro la mia volontà. Mi pongo mille domande chiedendomi se sia il caso, forse per non affrontare la realtà che mi viene rivelata nuda e cruda da alcune fotografie dove la “nuova” gente che ti circonda ti ha immortalato sorridente e festante, nella tua nuova vita, nella tua, ops vostra nuova casa… cosa ne è stato di tutte le parole, di tutte le promesse, di tutti i sogni, è un mistero e mi rendo conto che ripensarci dopo un anno rende solo più dolorose le ferite che non hanno mai smesso di sanguinare. Questo non è piangersi addosso o voler solo vedere il lato nero della vita: mi sono alzata, sto in piedi, cammino, lavoro, studio, vedo gente, faccio cose, ma mai nulla potrà farmi dimenticare la profondità del tuo sguardo, mai nulla potrà guarirmi dalla ferita più profonda che il mio corpo porterà sempre dietro…e sai solo tu di cosa io stia parlando. buona fortuna K. Bisslema, rabbi ma3k


 

buon anno a tutti

oggi mi sento scorbutica

sabato 1 gennaio 2011

caterina



Poi arrivò il mattino e col mattino un angelo e quell'angelo eri tu,

con due spalle uccellino in un vestito troppo piccolo e con gli occhi ancora blu.

E la chitarra veramente la suonavi molto male

però quando cantavi sembrava Carnevale,

e una bottiglia ci bastava per un pomeriggio intero,

a raccontarlo oggi non sembra neanche vero.

E la vita Caterina, lo sai, non è comoda per nessuno

quando vuoi gustare fino in fondo tutto il suo profumo.

Devi rischiare la notte, il vino, la malinconia, la solitudine e le valigie di un amore che vola via.

E cinquecento catenelle che si spezzano in un secondo

e non ti bastano per piangere le lacrime di tutto il mondo,

chissà se in quei momenti ti ricordi della mia faccia,

quando la notte scende e ti si gelano le braccia.

Ma se soltanto per un attimo potessi averti accanto forse non ti direi niente ma ti guarderei soltanto,

chissà se giochi ancora con i riccioli sull'orecchio o se guardandomi negli occhi mi troveresti un pò più vecchio.

E quanti mascalzoni hai conosciuto e quante volte hai chiesto aiuto ma non ti è servito a niente.

Caterina questa tua canzone la vorrei veder volare sopra i tetti di Firenze per poterti conquistare.

"Viene Caterina in camerino le dico «Sei contenta? Ho fatto la tua canzone.» «Sì, sì, grazie però non mi piace che dici per poterti consolare». Io le dico «Caterina, ho capito, però tutti abbiamo bisogno di essere consolati nella vita». Lei mi ha guardato e mi ha fatto «Io 'un son mi(c)a tutti!». Ecco, questa è Caterina."

Caterina, Titanic - 1982. Francesco De Gregori

 

sogno di una notte di mezza...notte di un anno fa


Sono le ore 02.56 e non riesco a dormire. sì, è la notte di capodanno ma è proprio questo il problema...è tutto il giorno che lo stesso pensiero è impresso nella mia mente e non riesco a farlo andare via.

Un anno fa tutto ebbe inizio, ma se per te quell'inizio trovò subito la sua conclusione per me non si è ancora risolto nulla. Un anno fa, alle 02.58, mentre ballavo ininterrottamente con te nonostante i miei piedi avevano da soli dichiarato il loro decesso a causa di scarpe nuove con tacco 12, ero ignara di ciò che l'incontro fortuito con te mi avrebbe causato. In questo preciso momento stavo solo vivendo il mio sogno, un sogno da troppo tempo sognato.
Pensavo che ancora per una volta mia madre aveva ragione, chissà perchè le mamme hanno sempre ragione (ma questa volta ne andavo fiera)...mia madre iniziò a novembre a seguire il mio oroscopo e ad annunciarmi che nel 2010 tutto sarebbe cambiato. Non ho mai creduto agli oroscopi, nè mi sono mai lasciata influenzare dalle combinazioni astrali, quindi rimasi indifferente anche quella volta. Bene arriva natale e io, come ogni anno, compro un biglietto all'ultimo minuto, caro e amaro, per continuare ciò che la mia vita di emigrata mi costringe a fare da ormai 5 anni: tornare a casa dai miei almeno per le feste comandate. Rigorosamente bagaglio a mano, per fare in fretta in aeroporto, perché così ho un'ottimo alibi per non trasportare marmellate, paste di mandorla, pomodori secchi, capperi, e tutto ciò che una mente di mamma sicula possa partorire, ma soprattutto perché: "tanto non vado mai da nessuna parte...e poi ho lasciato qualcosa nel mio vecchio armadio, troverò cosa mettere".

Le ultime parole famose.

Atterro a Catania, l'Etna mi accoglie con un sorriso di scherno, forse sapeva già tutto, forse glielo predisse Empedocle quando vi si gettò dentro per dimostrare la sua natura divina. L'unica cosa che mi rincuora è aver lasciato la neve a Milano e aver trovato qui i miei 20 gradi standard. Arrivo a casa e il solito magone mi investe, lo stesso magone per cui penso sempre al mio passato e a ciò che penso di aver lasciato qui.
La stessa sera una mia amica mi annuncia che ha prenotato anche per me in un posto strafigo per una cosa strafiga tra gente strafiga: un veglione di capodanno. All'inizio, come sono solita fare, rifiuto, ma alla fine cedo ma solo per farle compagnia. Quindi entro nel panico del cosa mettere. Il mio animo dalle origini scozzesi di padre e genovesi di madre non mi fa affatto pensare che possa comprare un vestito per l'occasione quindi spargo la voce del "chi mi presta cosa". In effetti vagando qua e la racimolo un bellisimo vestito e un coprispalle, io aggiungo calze con la riga nera e scarpe con tacco 12. Non spendo molto per cui tiro un sospiro di sollievo. Il tutto ancora ignara di quanto sarebbe accaduto.

sono le 03.14..............

Finalmente arriva il fatidico giorno, prove tecniche di trasmissione sui trampoli, chiedo al mio mal di schiena di rimanere a casa ma naturalmente lui opta di venire con me al veglione. Ok sembra tutto pronto tranne il mio umore: ero sicura che non mi sarei divertita; insomma manco da qui da 5 anni, non conosco più nessuno, o meglio ancora, la gente che conoscevo, la gente della mia età, si è accasata, poi ci sono quelli che io conosco ma dai quali non vengo riconosciuta, nemmeno mi fossi fatta una plastica facciale. ok comunque vada, comunque sia vado, con l'oroscopo della mamma sotto al braccio.

Sono le 03.24..................

Il posto è davvero strafigo, la gente anche ma, come immaginavo, i miei conoscenti tutti accasati, con mogli, mariti, figli e parentado. Ormai ho anche imparato a salutare da lontano con un cenno di mano senza necessariamente avvicinarmi in modo da poter uscire incolume dalla fatidica domanda "novità? non ti sei ancora sposata?"...a nulla vale se, mentre loro hanno speso centinaia di euro per pranzo di nozze e hanno sfornato figli come fossero sfilatini, giocandosi anche la linea perchè "tanto ormai...", come se la cura personale fosse solo una cosa temporanea e fatta per gli altri e una volta trovato il pollo non serve più, a nulla vale se io nel frattempo mi sono laureata, sono emigrata, superato non so quanti concorsi, fatto 5 traslochi, preso cinque abilitazioni e una specializzazione, altri titoli di minor valore, trovato lavoro...tutto questo da sola...No, queste non sono novità ma cose di ordinaria amministrazione, per cui perché aggiornarli?

Sono le 03.33...........

Beh comunque, conviviali a parte, il posto è davvero bello e la serata uno spettacolo continuo, tra trampolieri, prestigiatori, camerieri vestiti da clown, drag queen e una cena perfetta, non troppo pesante da costringermi a stare in apnea tutta la sera, nè troppo leggera da far sentire gli assoli del mio stomaco a tutta la sala. Ok arriva la mezzanotte, si stappa lo champagne, ci si bacia, ci si augura un anno migliore, si brinda in allegria e soprattuto si aprono le danze...e si pensa a quanto ci sarà di vero nell'oroscopo della mamma.

Sono le 03.36..........

E' appena passata la mezzanotte e ti vedo apparire. Sei sempre stato affascinante, ti conosco da tempo e ti ho sempre visto attorniato da ragazze, amiche, lunghe ciglia pronte a trattenerti e io, in confronto, non avevo mai fatto notizia, ma ero sempre riuscita a scansare la tua ragnatela. Anche quella sera, sicura di non fare notizia, osservavo il tuo fascino da lontano, ma nulla di più. Siamo a pochi centimetri sulla pista da ballo affollata, mi stranisce che tu sia solo, senza una donna attorno, ma subito mi rispondo da sola, penso che sicuramente lei arriverà a momenti o che forse è già li e sei solo venuto a cercarla. Fingo una totale indifferenza alla tua presenza, alla tua pelle ambrata, ai tuoi occhi profondi che entrano dentro come un raggio laser, al tuo fiato che quasi posso annusare, fino a quando un trampoliere, con molta delicatezza, adagia il proprio trampolo sul mio piede, già clinicamente morto. Per fortuna la musica è alta e il trampoliere molto più in alto di me per cui si risparmia da solo l'ascolto di qualche aggettivo sul suo conto, ma tu mi vieni in aiuto, io sorrido, con le lacrime che mi scendono all'interno e fingo ancora che sia tutto a posto. Ecco è fatta: incastrata nella tua ragnatela.
Ho sempre sentito parlare male di te ma sei un'essere così gentile, così educato che mi chiedo come mai le persone siano così malvagie e invidiose per inventarsi tutto questo. Per una frazione di secondo mi viene in mente l'orosopo della mamma e benedico l'esistenza di Paolo Fox. Passata la mezzanotte, mando al diavolo il 2009 e il 2010 ha inizio davvero con una bella coincidenza, con un incontro fiabesco, in un solo istante mi sento Jasmine, adagiata sul tuo tappeto volante pronta a seguirti nel tuo deserto.

Sono le 03.55.........

Così ha inizio questo sogno di una notte di mezzanotte di un anno fa: un principe arabo dalla pelle ambrata, con gli occhi di velluto dallo sguardo profondo mi fa sentire per una notte la sua principessa dagli occhi di giada, mi fa vivere una fiaba che mai nessuno potrà farmi dimenticare. Nemmeno stanotte riuscirò a dormire nonostante io abbia la consapevolezza che chissà dove e chissà a quanti km da me c'è già una principessa al tuo fianco e fingo di essere felice per te, fingo che mi fa piacere saperti felice e tutte quelle solite bugie che si dicono in queste circostanze.

Il resto della fiaba lo sappiamo solo io e te, ma rimarrà impressa a fuoco sulla mia pelle, saranno ferite da leccare a lungo.

sono le 04.01.............

Buon anno K., ti voglio bene