sabato 11 maggio 2013

Libero me


Perché un uomo dovrebbe aver paura di una donna? Cosa vuol dire aver paura?
Si sente spesso dire che un uomo fugge, mette le maschere, erige muri per proteggersi, si nasconde. Ma che senso ha tutto questo?
Intanto da cosa si fugge? Dalle responsabilità. Ma se non siamo sulla soglia di una chiesa in abito bianco quali sono queste responsabilità? È davvero così difficile trattare una donna con il rispetto che merita, trattarla da persona unica quale è? È così impossibile evitare di giocare con la sua vita e illuderla?
Mettere le maschere per nascondere la propria identità trasformandosi in Homo (in)Sapiens che senso ha? Oggi tutti hanno paura di commettere errori, uomini e donne, ma non è certo una maschera che ti salva la vita. Non è una bugia che ti evita una condanna a morte quando sei già morto dentro.
Poi ci sono quelli dei muri: erigono un muro, o mettono una corazza, per difendersi dagli attacchi, perché, dicono, hanno sofferto e quindi mettono le mani avanti per fare in modo che null’altro possa scalfirli. Ma se feriscono o scalfiscono gli altri non è un loro problema.   
Chi erige un muro attorno a sé dovrebbe fare molta attenzione a non trasformare gli altri in operai di bassa manovalanza. Tutti abbiamo ferite più o meno aperte e più o meno sanguinanti ma guai a far pagare lo scotto al prossimo. Intanto perché è mancanza di rispetto verso gli altri e, in secondo luogo, chi stabilisce che i muri servano solo a preservarci da eventuali ferite e non per crogiolarci nel nostro tornaconto di vittime?
Io credo che tutti noi, con problemi più o meno gravi e seri, saremmo in grado di erigere muri e mettere maschere ma non sarebbe corretto specie nei confronti di chi, in un attimo della propria vita, decide di affrontarti indifeso, a petto nudo, privo di qualsiasi cotta di maglia, senza sale in mano da spargere sulle tue ferite ma solo con mani abbastanza forti pronte ad abbattere quel muro e vedere oltre, per far sì che tu stesso, potendoti osservare meglio, possa vedere una persona diversa da quella che credevi di essere, da quella che, per una situazione di comodo, ti eri creata nel tuo cortiletto.
Nascondersi? Chi non ha mai giocato a nascondino? un bambino fa la conta e tutti corrono a destra e a sinistra per nascondersi. Vince chi si è nascosto così bene che fino all'ultimo non si fa trovare o chi per primo riesce ad arrivare alla postazione della conta e urlare "liberi tutti" salvando se stesso e i compagni di gioco. E il bambino ricomincia la conta.
Chi ha paura ed erige i muretti attorno a sé fa la stessa cosa del bambino che conta. Si appoggia al proprio muretto (con gli anni diventerà il muro del pianto) e inizia a contare in attesa che qualche anima pia sconti per lui le lacrime, si sacrifichi per arrampicarsi e scavalcare quel muro, inizi a grattare la roccia che prima o poi si frantumerà. Purtroppo sia quel bambino che l'anima pia non sanno che prima che la roccia si frantumi le cose cambieranno. Lui si stancherà di aspettare e inizierà a cercare altre anime disposte a scavare, lei si stancherà di scavare anche perché, oltre a quello, dovrà pure pagare pegno. E poi il possessore del muretto diventerà così geloso di quelle pietre, le sue pietre del suo muretto, che la manderà via a calci. Ma una cosa non sa. Non sa che quando avrà finito di contare e avrà voglia di uscire dal suo muretto si ritroverà da solo, con le sue pietre gelosamente custodite, le sue maschere ben allineate. Si renderà conto di aver perso ogni valore e non ci saranno compagni di gioco o anime pie pronte a credere o ad ascoltare il suo "libero me".

giovedì 9 maggio 2013

Peppino vive


Nella notte tra l’otto e il nove maggio 1978, Peppino Impastato veniva ucciso. Col suo cadavere si mise in scena un attentato, in modo che la sua morte potesse apparire come un suicidio. Era periodo di campagna elettorale a Cinisi, e lui ormai da anni lottava e urlava contro la mafia che stava divorando il suo paese e la sua terra, la mia terra. Pochi giorni dopo la sua morte, durante le votazioni, fu simbolicamente eletto al consiglio comunale. La madre lo ricorda così.    
 

ODE A PEPPINO IMPASTATO
dalla mamma Felicia

Chistu unn’è me figghiu. Chisti un su li so manu, chista unn’è la so facci.
Sti quattro pizzudda di carni un li fici iu.

Me fighhiu era la vuci chi gridava ’nta chiazza, eru lu rasolu ammulatu di lo so paroli,
era la rabbia, era l’amuri chi vulia nasciri, chi vulia crisciri.

Chistu era me figgi quannu era vivu, quannu luttava cu tutti: mafiusi, fascisti, omini di panza ca un vannu mancu un suordu, patri senza figghi, lupi senza pietà.

Parru cu iddu vivu, un sacciu parrari cu li morti.
L’aspettu iornu e notti, ora si grapi la porta, trasi, m’abbrazza, lu chiamu, è nna so stanza chi studìa,

ora nesci, ora torna, la facci niura come la notti ma si ridi è lu suli chi spunta pi la prima vota,
lu suli picciriddu.

Chistu unn’è me figghiu. Stu tabbutu chinu di pizzudda di carni unn’è di Pippinu.

Cca dintra ci sunnu tutti li figghi chi un puottiru nasciri di n’autra Sicilia

1979

Felicia Impastato

lunedì 6 maggio 2013

ti leggo nel pensiero


Faccio a pugni con te poi ti vengo a cercare, benedico e ringrazio e maledico il mondo com'è
e mi domando perché ti dovrei chiamare tutte le volte che passi e ti fermi lontano lontano da me.
Sarà come sarà, se sarà vero, sarà come sarà…

…sarà che mi dirai vai avanti e poi mi nasconderai la fine del sentiero però ti leggo nel pensiero.
Le mie chiavi di casa puoi tenertele tu per trovarmi una stanza ed un letto in affitto non mi servono più

sarà che mi vedrai nascondermi durante il temporale e rialzare la testa e bestemmiare quando torna il sole.
Sarà come sarà se sarà vero sarà come sarà…

…sarà che inciamperò da qualche parte e poi ripartirò da zero però ti leggo nel pensiero.
E chiedimi perdono per come sono perché è così che mi hai voluto tu!

Prendimi per il collo, prendimi per mano che non mi trovo più.
Torno a casa la notte e non mi lasciano entrare e nemmeno ci provo a chiamarti per nome e nemmeno ci provo a bussare

Ma tu davvero sai prendere il miele e trasformarlo in pane davvero sai pescare un uomo caduto nel mare.
Sarà come sarà se sarà vero sarà come sarà e mi vedrai davvero, poco prima dell'alba quando il buio è più nero però ti leggo nel pensiero.

Francesco De Gregori, Mix, 2003

sabato 4 maggio 2013

come si sta senza di me?



Ieri ho trovato queste parole in un link su Facebook. Di solito uso Facebook per esprimere ciò che la mia mente produce e non seguo i link, non pubblico né condivido pagine, post e quant'altro.

Ma a volte ci si trova di fronte a qualcosa che la nostra mente aveva prodotto infinite volte ma che, per insufficiente dimestichezza, non era riuscita a trasformare in parole.


“Volevo scriverti, non per sapere come stai tu, ma per sapere come si sta senza di me. Io non sono mai stata senza di me e quindi non lo so. Vorrei sapere cosa si prova a non avere me che mi preoccupo di sapere se va tutto bene, a non sentirmi ridere, a non sentirmi canticchiare canzoni stupide, a non sentirmi parlare, a non sentirmi sbraitare quando mi arrabbio, a non avere me con cui sfogarsi per le cose che non vanno, a non avermi pronta lì a fare qualsiasi cosa per farti stare bene. Forse si sta meglio, o forse no. Però mi e venuto il dubbio e vorrei anche sapere se ogni tanto questo dubbio è venuto anche a te. Perchè sai, io a volte me lo chiedo come si sta senza di te, poi però preferisco non rispondere che tanto va bene così. Ho addirittura dimenticato me stessa per poter ricordare te.”

Søren Aabye Kierkegaard


venerdì 3 maggio 2013

la filastrocca del segreti che pesano


Questa filastrocca è dedicata a tutti i bambini che soffrono in silenzio e che portano in fondo all’anima dei segreti talmente pesanti che si fa fatica a tirar fuori.

Ma è dedicata anche agli adulti e a quanti non ce la fanno, a quelli che cadono e scelgono di non rialzarsi più, a quelli che sono costretti a nascondere il proprio dolore per paura di ferire gli altri, a quelli che hanno deciso di indossare una maschera che sorride, anche se poi la stessa viene usata come scusa per colpire alle spalle.

Questa filastrocca è dedicata anche a me.

Ho nascosto quella cosa in fondo a me perché se non la vedo, lei non c’è
Non ne parlo per non essere più triste perché se non la dico, non esiste
Ma laggiù in fondo a me, nel buio denso anche se non la vedo, io ci penso
E lei beve quel buio come inchiostro e cresce sempre più, diventa un mostro
Ma io so cosa ai mostri fa paura il sole, che taglia in due la notte scura
Apro la mia finestra a questo sole ed apro la mia bocca alle parole
Ne parlo con la mamma, con l’amico, tu mi spaventi, mostro?… E io ti dico!
E tu ti sciogli in un po’ di porcheria mi dai un ultimo morso, e fuggi via
Mi rimane una bella cicatrice dov’è scritto: “mostro morde, uomo dice”.


bruno tognolini, Da Le filastrocche della Melevisione

giovedì 2 maggio 2013

un tocco di Luce


Oggi è nata un’altra nipotina, una nipotina acquisita: Luce.
Sì hai portato luce in una nuova famiglia di amici cari, la tua mamma è la mia sorella di fatto; la prima cosa che ci lega è la stessa data di nascita.  

Erano le 6.00 stamattina quando mi arrivò un sms con l’annuncio della tua venuta al mondo. Me lo inviò tua mamma, LaFra.
Immediatamente due calde lacrime solcarono le mie guance, esattamente come quelle che ho sul viso adesso.

Credo di essere stata una delle prime a sapere del tuo concepimento e, seppur lontane e col mare di mezzo, io e la tua mamma ci capimmo al volo, era una calda mattina estiva:
Lafra: <ZiaManu>
silenzio…
ZiaManu: <sei incinta?>
LaFra: <Sì>

Ti hanno tanto desiderata sai…e tu oggi hai fatto il più bel regalo che si possa fare a due persone che hanno deciso di amarsi, di accettarsi così come sono, di provare a condividere l’esperienza della felicità. E la prova del loro amore sei tu, una prova che vive, una testimonianza senza pari.
Non vedo l’ora di conoscerti cara Luce, e voglio che tu sappia che potrai contare sempre su di me.
Un bacio, ZiaManu